MARIO COLANTUONI
Addio a Colantuoni, ex presidente Samp
Pubblicato nell'edizione del 2 aprile 2000 dal "La Gazzetta dello Sport" (Valente Enrico)
Scomparso a 83 anni l' «avvocato di campagna» che amava dire: «Alla Samp sono stato una diga». E' rimasto al vertice dal ' 68 al ' 73: fra i colpi di mercato Bob Vieri e la cessione di Morini alla Juve.
Addio a Colantuoni, ex presidente Samp Scomparso a 83 anni l' «avvocato di campagna» che amava dire: «Alla Samp sono stato una diga». E' rimasto al vertice dal ' 68 al ' 73: fra i colpi di mercato Bob Vieri e la cessione di Morini alla Juve E' morto venerdì sera a Carrara Mario Colantuoni, presidente della Samp dal 1968 al 1973. Ammalato da tempo, aveva 83 anni. GENOVA - Amava dire: «Che sono stato io? Niente di più di una diga». Sì, perché l' avvocato Mario Colantuoni aveva contribuito a tenere la Samp al riparo da devastanti alluvioni.
In anni difficili, quando bisognava fare i conti con la lira, che spesso non c' era. «Mario, ma quando mi paghi?», la domanda garbata di Bernardini, l' allenatore che non vedeva l' ombra di stipendio da sei mesi. «Fuffo mio, mica sono un indovino!». E' una delle tante frasi celebri che di Colantuoni hanno fatto una figura indimenticabile. Sanguigno e passionale, genovese d' adozione - era nato a Bari, dove fu compagno d' università di Aldo Moro («Ci laureammo entrambi con il massimo dei voti, ma lui era più bravo, un cervello extrastrong») - fu contagiato dalla passione blucerchiata negli anni Quaranta. Della Samp e di Genova, dove arrivò dopo la terza laurea (Legge, Scienze Politiche e Filosofia) e il corso allievi ufficiali, e subito si innamorò. Semplice tifoso per vent' anni, Colantuoni entrò nel consiglio della società nel 1966, dopo la prima retrocessione in serie B.
Tornata la Samp in A sotto la guida di Bernardini, ne divenne il presidente. Per cinque anni, sempre sofferti ma sempre in serie A. Si considerava un neofita e si presentava al «mercato» del Gallia con l' almanacco del calcio in tasca. Eppure mise a segno «colpi» straordinari. Prese Bob Vieri - papà di Christian - dal Prato per 80 milioni e tre anni dopo lo rivendette alla Juve per 800; aggiungendo Francesco Morini, incassò più di un miliardo (circa 25 miliardi odierni) ed ebbe anche Romeo Benetti. Si divertiva a ricordare quell' affare: «Tornavo a casa in auto insieme a mia moglie Maria, mi fermò la stradale. Bollo scaduto, l' agente cominciò a scrivere... Ma lei per che squadra tifa? La Juve? Senta, sono il presidente della Sampdoria e vi ho appena venduto Vieri e Morini... Il verbale venne strappato, mi fecero addirittura un lasciapassare nel caso mi avesse fermato un' altra pattuglia».
Per poter pagare stipendi e premi Colantuoni vendeva. Con acume: nel ' 70 Frustalupi all' Inter in cambio di Suarez e 150 milioni, Benetti al Milan per Lodetti e 400 milioni. Fu anche impegnato come consigliere di Lega.
Nel ' 73 lasciò la Samp. Voleva ritirarsi, dovendo anche fare i conti con il primo infarto. Ma quando Renzo Fossati, presidente del Genoa, nel ' 79 lo consigliò al Varese che vivacchiava in C1, scattò il richiamo del sangue: accettò la presidenza, esonerò l' allenatore Maroso sostituendolo con Eugenio Fascetti - uno dei suoi «pupilli eterni», con «il mio capitano» Marcello Lippi e Giampiero Vitali - e la squadra fu subito promossa in B. Così tornò anche in Lega, da vicepresidente. Un giorno il patron Guido Borghi gli chiese un favore extracalcistico, vendere a Milano il «monumento» Dino Meneghin: «Lo faccia lei, perché se lo faccio io i varesini mi ammazzano». Fatto.
Nel pieno degli anni Ottanta, stanco e provato da altri guai fisici, Colantuoni lasciò il Varese. E si ritirò sul serio. A fare il patriarca della famiglia, circondato dall' affetto della moglie, dei figli Enrico e Antonio, delle nuore, delle sorelle e di una pattuglia di nipotini. Ma non mancava mai di tempestare di telefonate i vecchi amici, i giornalisti. Per consigli, riflessioni, esplosioni di entusiasmo, staffilate su «questo calcio moderno». Adesso, lassù, chissà che staffilate. E oggi un occhio di riguardo per la Samp alle prese con la delicata sfida contro la Salernitana. I blucerchiati dovrebbero scendere in campo con il lutto al braccio, se i tempi tecnici (gli uffici della Lega ieri erano chiusi) lo permetteranno. «Ma se non avremo il lutto sul braccio, lo avremo nel cuore», dice un commosso Gian Piero Ventura, che ai tempi di Colantuoni era nel settore giovanile.
Enrico Valente Ha risanato la società e l' ha riportata in A Mario Colantuoni, avvocato barese, approda alla Samp nel 1966 come vicepresidente, ne diventa presidente nel 1968 e subito la trasforma in Spa, risanandone le casse (ha ceduto tra gli altri Morini, Benetti, Bob Vieri e Frustalupi). Nel 1973 lascia per proseguire la sua attività in Lega. E' stato anche presidente del Varese. LE REAZIONI Lippi: «E' stato come un papà»
MARCELLO LIPPI (allenatore dell' Inter, ex capitano della Samp): «Era un presidente-papà, una persona molto partecipe dal punto di vista umano, la cui presenza era assai avvertita dalla squadra, che se lo ritrovava al fianco in qualsiasi circostanza. Io avevo mantenuto i rapporti con lui e i suoi familiari anche grazie al fatto che la famiglia spesso risiede a Carrara. A moglie e figli, quindi, invio il mio commosso abbraccio».
EUGENIO FASCETTI (allenatore del Bari, ex tecnico del Varese): «Se faccio l' allenatore, devo dire grazie soprattutto a lui. Mi ha difeso tantissimo, agli inizi della mia lunga parentesi a Varese (il tecnico in Lombardia è rimasto per quattro anni e mezzo, dal ' 78 all' 83). Un uomo di grande cultura, sprizzava simpatia da tutti i pori. Soprattutto, un uomo leale».
DOMENICO ARNUZZO (direttore sportivo Samp, ex giocatore blucerchiato): «Lo ricordo con grande affetto. E' stato il mio presidente quando ho cominciato la carriera di giocatore. Era un personaggio incredibile: i protagonisti di quei tempi ricorderanno la storia dei tre cappellini di colore diverso, che lui cambiava a seconda del risultato. Aveva grande umanità, prima delle partite ci leggeva una novella, serviva a stemperare la tensione e ti faceva pensare... Non ci siamo mai persi di vista, mi telefonava spesso: nonostante l' età e qualche acciacco aveva una carica eccezionale di entusiasmo. Il giovane era lui, trasmetteva voglia di vivere e di fare, chi gli è stato vicino ha imparato molto».